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LOGOBANNER SS 1 24052025

Riflessioni a caldo sul nuovo testo delle Indicazioni Nazionali
Silvia Minardi


Il lavoro che ha portato alle nuove Indicazioni Nazionali è durato diversi mesi. Mentre scrivo questo editoriale, il testo delle Indicazioni Nazionali per il primo ciclo viene reso noto sul sito del Ministero.
Sappiamo che non è un testo definitivo e che viene ora pubblicato perché chiunque abbia interesse possa fare proposte e intervenire nella elaborazione di quello che sarà il testo definitivo. Non sappiamo quanto tempo durerà questo processo di consultazioni né in quali forme si potrà contribuire alla redazione del testo finale. Ma la storia di questa prima versione non ci lascia molto sperare sul piano del metodo. Infatti, lo scorso anno, un po’ di insistenza da parte di alcune componenti dell’associazionismo professionale e disciplinare aveva fatto sì che anche noi di lend – insieme ad altre associazioni con le quali abbiamo da tempo intrapreso un cammino di lavoro che speriamo possa diventare presto comune – potessimo incontrare online alcuni membri della commissione che aveva ricevuto dal ministro l’incarico di procedere nel lavoro di revisione delle Indicazioni Nazionali vigenti. Gli incontri – online – sono stati convocati a ridosso della data entro la quale le associazioni avrebbero dovuto esprimere le loro riflessioni. Ci sono stati dati pochi giorni per coordinarsi e per elaborare una linea comune. L’impressione che ho avuto è che il nostro parere contasse poco. Sicuramente il tempo che ci era stato dato non ha permesso un contributo reale, ma, in fondo, non ci era nemmeno stato richiesto. Quello che ci sembra ancora peggio è che anche la commissione incaricata della revisione ha lavorato in tempi davvero ridotti. Ci chiediamo se gli esperti abbiano avuto modo di approfondire le scelte curriculari fatte in altri paesi europei – ad esempio, in Portogallo, Scozia, Germania – in risposta alle esigenze di società sempre più plurali e ai cambiamenti che l’evoluzione tecnologica sta portando. Ci chiediamo se chi ha curato la redazione delle Indicazioni Nazionali per le lingue conosca quello che è stato prodotto in ambito internazionale negli ultimi anni. Ne dubitiamo molto: basti pensare che nel testo pubblicato dal Ministero il Volume Complementare del Quadro viene denominato “Volume Companion” che non è nemmeno il titolo con cui è apparso nella prima versione, quella del 2018, l’unica che gli estensori delle nuove Indicazioni Nazionali sembrano riconoscere.
Di fronte all’invito a contribuire con proposte alla versione attuale delle nuove Indicazioni Nazionali la perplessità è tanta. Perché oltre ai metodi, occorre entrare nel merito di questa operazione, per leggerle alla luce dei quadri di riferimento culturali usati dagli estensori delle Indicazioni Nazionali. In queste settimane che hanno preceduto la pubblicazione del testo, ci sono state diverse uscite pubbliche sia da parte del ministro sia da parte degli esperti a cui il ministro ha affidato il coordinamento di questo lavoro. Non ci interessa tanto la discussione sui termini (si pensi, ad esempio, all’uso della
“grammatica” come strumento anche per insegnare “il valore della regola”) che sono stati usati in queste uscite pubbliche quanto piuttosto la direzione che questa operazione intende intraprendere. Che le Indicazioni Nazionali possano essere oggetto di revisione non ci scandalizza, anche se sarebbe stato meglio capire cosa non stesse funzionando ovvero cosa avesse bisogno di essere rivisto. Che chi governa voglia proporre una sua visione di scuola non ci sembra una novità di questo governo, anche se queste continue riforme della scuola a ogni cambio di maggioranza non fanno bene né alla scuola né al Paese. Che la scuola italiana con la sua attuale organizzazione curriculare abbia bisogno di essere ripensata dalle fondamenta potrebbe essere un’esigenza che condividiamo anche se per un’operazione di questo tipo sarebbe meglio coinvolgere chi a scuola ci lavora e ha conoscenza dei reali bisogni di cambiamento.
Ora è venuto il tempo di leggere il testo e di capire in quale misura è al passo con i tempi, quali obiettivi si pone e di quali strumenti si dota, quale uso fa della ricerca anche sulle pratiche che c’è stata in questi anni, ad esempio, nell’ambito dell’educazione linguistica. Cercheremo di capire se e in che modo i principi per noi fondamentali dell’educazione linguistica democratica sono stati tradotti in “indicazioni”.
Ci prepariamo a leggere il testo chiedendoci a quali quadri di riferimento ideale, politico e culturale si rifaccia. Per noi due sono i punti di riferimento che vorremmo ritrovare nel testo: la Costituzione della Repubblica e, per quanto concerne l’educazione linguistica democratica, la Raccomandazione del Consiglio d’Europa (2022) “L’educazione linguistica e interculturale per la cultura democratica”. Se, ad esempio, le Indicazioni Nazionali del ministro Valditara introdurranno il latino come materia opzionale alla secondaria di I grado non mancheremo di far notare che la Costituzione della Repubblica
si trova ad essere disattesa. Si vuole reintrodurre il latino nella scuola dell’obbligo? Lo si faccia per tutti e non come materia opzionale! L’opzionalità spingerà le scuole, per motivi organizzativi, alla creazione di sezioni in cui si studia il latino e altre in cui il latino, invece, non sarà incluso nei quadri orari. Non sfugge a nessuno il fatto che nella sezione in cui si studia il latino verranno iscritti le alunne e gli alunni le cui famiglie, a 10 anni, sceglieranno un percorso successivo di studi – il liceo – in cui il latino è presente. Come non vedere in questa scelta un elemento di rottura rispetto, ad esempio, all’art. 3 della Costituzione e di netto contrasto con una idea di scuola dove a tutti venga garantito il diritto allo studio indipendentemente dal profilo economico e sociale della famiglia di provenienza?
Sul fronte dell’educazione linguistica democratica ci aspettiamo che le Indicazioni Nazionali del ministro Valditara rispettino la Raccomandazione del Consiglio d’Europa del 2022 firmata anche dal nostro Paese: in essa è centrale la preoccupazione per uno sviluppo di competenze linguistiche plurali a partire da repertori linguistici che sono, per loro natura, diversi. La diversità delle lingue nel curricolo e il rispetto delle diversità presenti nelle nostre società sono strumenti utili anche a proteggere le nostre fragili democrazie: dare alle bambine e ai bambini di oggi gli strumenti per entrare in contatto
con l’altro, per capirsi e per conoscersi, per imparare a mettersi nei panni degli altri significa – e oggi è di questo che abbiamo bisogno più di ogni altra cosa – costruire la pace, difendere la democrazia, impedire anche ai Trump di casa nostra di avere la meglio su chi non ha gli strumenti linguistici e culturali per difendersi da sé.
Mettere mano alle Indicazioni Nazionali significa dire quale idea di società, prima ancora che di scuola, si intende costruire. Ed è su questo che ci prepariamo a leggere le nuove Indicazioni Nazionali: alla società di domani serve una scuola che educhi a costruire ponti e a fare rete anche tra i saperi, che dia gli strumenti per governare  fenomeni e per capire. Non c’è bisogno di nuovi muri, né di gadget tecnologici, né di “English only”.
Un’ultima riflessione riguarda la reazione della scuola: oggi chi vive la scuola, forse, non sa nemmeno che tra un anno entreranno in vigore le nuove Indicazioni Nazionali.
Docenti e dirigenti continueranno a lavorare, nelle loro classi e a scuola, con e per le studentesse e gli studenti… nonostante le nuove Indicazioni Nazionali. E dopo aver letto una prima volta il testo delle nuove Indicazioni Nazionali, mi viene da dire “meno male!”

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